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BRA

L'arrivo

Quei centomila

 

 

QUADri

('66 - '67)

 

Uff. Superiori

Col. Sala

Ufficiali

Cap. Anderi

S.Ten. Biletta

S.Ten. Moretti

S.Ten. Pietoso

Sotto Ufficiali

M.Mag. Liaci

Serg. Durante

Serg. Rigamonti

Serg. Gandolfo

 

Il GIURAMENTO

 

Cuneo 31 luglio '66

La Cerimonia

 

 

Il felice matrimonio tra gli alpini e Bra è durato quasi un secolo. Celebrato nel 1878 si è concluso infatti nel 1975.

Al 1878, infatti, risale l’acquartieramento in città del 3° battaglione alpino, mentre appena 4 anni dopo, nel 1882, a seguito della prima riorganizzazione del neonato corpo alpini, fu creato il 2° reggimento Bra sul cui vessillo compariva un’aquila col becco aperto e con gli artigli aggrappati fra le stelle alpine. Forte di alcune migliaia di uomini inquadrati nei tre battaglioni Valle Pesio, Colle di Tenda e Valle Schio, di cui i primi due con deposito a Bra, l’arrivo del reggimento impose la rapida e funzionale sistemazione della caserma di via Umberto e l’allestimento della piazza d’armi alla periferia della città.

In quei decenni gli alpini, presenti in città nei mesi compresi tra l’autunno e la primavera, si dedicavano a esercitazioni di tiro, addestramento formale, schieramento in posizione. Giunta la bella stagione i soldati di leva, che indossavano ancora il cappello alla calabrese con la penna nera, solo in seguito sostituito da quello in feltro grigioverde, si spostavano nelle sedi montane ove li attendevano marce, escursioni, tiri.

Entità e modalità della presenza alpina in città cambiarono ripetutamente nei decenni seguenti, prima a causa della riforma del 1909 e poi per via quella decisa nel 1926. Di pochi anni successiva fu la creazione a Bra della scuola allievi ufficiali di artiglieria, istituzione militare che riempì la città di baldi ufficiali che frequentavano assiduamente i salotti delle famiglie borghesi  più in vista, di cui spesso impalmavano le vezzose eredi. 

 

Esercitazioni in Piazza d'armi

Il CAR

L’ultimo grande cambiamento, conseguenza della disastrosa campagna di Russia, fu legato alla riorganizzazione militare postbellica che a Bra fu caratterizzata dalla presenza del CAR, il Centro Addestramento Reclute del 4° battaglione Mondovì. Annunciato per il 1949, il CAR partì nella primavera seguente, solo dopo che gli ufficiali di stanza in città ebbero trovato decoroso alloggiamento.

Dal 1950 al 1975 trimestralmente, con un mese di riposo, si susseguirono scaglioni di 1200-1500 reclute circa che qui compirono la loro iniziazione alla vita militare che avrebbero espletato in seguito nelle sedi affettive del battaglione. Calcolando per difetto si può affermare che furono circa 100 mila gli italiani che nel dopoguerra oltrepassarono la garitta della caserma, già Umberto I, che l’Italia repubblicana volle intitolare a Raffaele Trevisan, ufficiale caduto in Montenegro nella lotta contro i tedeschi.

 

Reclute illustri

Tra i molti giovani dal brillante futuro che passarono per la caserma Trevisan vi furono GiampieroTruppe passate in rassegna Boniperti, Giorgetto Giugiaro e Carlo De Benedetti, che si aggiunsero, buoni ultimi, a nomi ancora più prestigiosi che a Bra erano transitati in precedenza, primo fra tutti il padre della Costituzione italiana, Umberto Terracini, che nei locali braidesi si era formato durante la Grande Guerra.

La presenza alpina a Bra comprendeva, oltre alla caserma di via Umberto I, le adiacenti caserme Guala, Pellizzari e Cavalli. Un complesso di edifici che i vecchi braidesi definivano semplicemente come ’l quarté,  cioè “il quartiere”, militare ovviamente.

 

I pilastri della caserma

Poiché gli ufficiali erano entità incombente e temuta ma tutto sommato poco presente, i veri pilastri della caserma furono i marescialli, che nel periodo di maggior splendore giunsero a essere 26. Conoscitori di ogni aspetto della caserma e di ogni esigenza delle reclute provvedevano a tutto consentendo a quell’enorme struttura di funzionare se non in condizioni ottimali quanto meno in modo accettabile. In ciò erano coadiuvati da un numeroso gruppo di alpini, circa 200 persone dotate di titolo di studio e quasi sempre raccomandate, che animavano gli uffici della caserma e coordinavano la squadra del minuto mantenimento, quest’ultima formata da provetti artigiani. Con altre funzioni ma non meno essenziali erano i caporalmaggiori.

 

Preparazione del rancioIl rapporto con la città

L’addestramento delle giovani reclute non si svolgeva solo nelle caserme. Gli alpini, infatti, raggiungevano la piazza d’armi per compiere gli esercizi ginnici, il greto della Stura per effettuare i lanci delle bombe e mano e, ancora, andavano a Pocapaglia con marce che, quando svolte di notte, inquietavano non poco la cittadinanza.

Ma il rapporto vero con la città i militari lo avevano durante la libera uscita. Raggiunta l’ora fatidica le reclute, tranne i comandati e i puniti, davano vita a un incontenibile e spumeggiante fiume umano che si disperdeva nelle strade cittadine. Gli alpini stipavano i cinema cittadini che riservavano loro proiezioni apposite e popolavano, a seconda delle possibilità economiche, i bar, le trattorie e i ristoranti della città. Un capitolo a parte meriterebbe l’assidua frequentazione che fino all’adozione della legge Merlin (1958) gli alpini ebbero della casa di tolleranza. Mentre la truppa a corto di denaro doveva accontentarsi delle donne sprezzantemente definite “da battaglia” presenti nella casa di via Serra 16, l’ufficialità invece poteva permettersi le più avvenenti donne dell’adiacente ed esclusivo Villino delle rose.

 

Ispezione alle camerate

La ronda

Il timore, tutto sommato infondato, che l’esuberanza giovanile delle reclute in libera uscita potesse dar luogo a risse e incrinare in tale modo il positivo rapporto instauratosi con la popolazione civile spinse a creare la ronda. Formata da un caporale e due veci, la ronda perlustrava le strade cittadine vigilando sul comportamento dei bocia. Era popolarmente detta “ronda delle tre c”, vale a dire cinema, casino e cena perché erano quelli i tre momenti e i tre luoghi in cui si consumava la libera uscita.

 

L’indotto economico

La presenza degli alpini ebbe positive, imponenti ricadute economiche su Bra originando un indotto notevolissimo che integrava i redditi di migliaia di braidesi. Si pensi ai fotografi, ai barbieri, agli esercenti di locali e titolari di attività commerciali, fossero essi autisti di piazza o anche solo edicolanti rivenditori di cartoline. Per non dire delle camiciaie, delle stiratrici, dei numerosi fornitori di tutto quanto era necessario per la vita quotidiana della caserma e di chi lì viveva: dalla carne al vino passando per i vetri e i serramenti.

 

 

La cerimonia del GiuramentoIl giorno del giuramento

Il momento clou della vita militare, pubblico e privato al contempo, era il giuramento di fedeltà alla Repubblica con cui si concludeva il periodo braidese. Dopo che il fatidico “Lo giuro” era echeggiato nel grande cortile della caserma alla presenza delle autorità politiche, militari e religiose, nell’adiacente piazza Carlo Alberto al suono della fanfara del 4° battaglione si svolgeva la parata militare tra due ali di folla in cui spiccavano migliaia tra genitori, sorelle, fratelli e fidanzate degli alpini.

In quella circostanza rivivevano nei discorsi delle autorità episodi di eroismo alpino. Si ricordavano i 200 e più braidesi caduti nella Grande Guerra e gli oltre 600 alpini nativi dei comuni inclusi nel mandamento di Bra periti o dispersi nella seconda guerra mondiale. Tornavano alla mente episodi oggi dimenticati che allora commuovevano e inumidivano gli occhi di chi portava sulle spalle, anzi sulla pelle, i segni di anni di guerra.

 

  La sfilata delle reclute

La fine

Tutto ciò durò fino al 1975. In quella data il centro addestramento reclute fu spostato in un’altra città. La caserma fu chiusa. Per qualche anno la garrita ormai inutilizzata fu l’ultimo segno visibile di una storia centenaria. Una storia che oggi rivive nella memoria e nelle parole di chi può dire: “Io ho fatto il militare a Bra”

                                                                                                               

                                                                                                            Fabio Bailo

                                                                                             Direttore dell' Istituto Storico di Bra e dei Braidesi

 

 

 

 
 

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Ultimo aggiornamento 13 gennaio 2015