«Alpino come il nonno». Chi sono le ragazze
della mini-naia
VERONA - Occhialini, jeans
attillati, capelli raccolti in una coda. «Questo
è il sacco a pelo», dice serio il militare. Lei
lo infila nello zaino mimetico. Che alla fine,
raccolto e caricato sulle spalle l'intero equipaggiamento, la farà barcollare. Come
barcolla l'altra ragazza, con gli stivali e la
giacca di pelle lilla. E quella con la cintura a
vita bassa, che scopre tre dita di pancia. La
pioggia è sottile e insistente sulla caserma
«Duca» di Montorio veronese. Clima da alpini. Ci
sono cento ragazzi che assaggeranno un
addestramento da soldati per 15 giorni. Con
loro, 45 ragazze. Maschi con le facce tirate, i
movimenti un po' impacciati. Le donne invece
sorridono, più rilassate, e tranquillamente
confessano una passione profonda. Perché sei
qui? «Ho il Dna alpino». Mini-naia. Iniziativa
del Ministero della Difesa. Per avvicinare i
giovani all' esercito. Quando la naia (quella
obbligatoria) venne abolita, qualcuno prevedeva
una drammatica «crisi delle vocazioni». Che
sembra smentita dai numeri: quest' anno le
domande di arruolamento volontario nell'
esercito sono state 48 mila, rispetto ai 12 mila
posti disponibili. E da storie come quella di
Lorena Beretta, vent' anni, venezuelana di padre
italiano: «Mi sono trasferita in Italia -
racconta con cadenza spagnoleggiante - per
entrare negli alpini». Passione che sconfina
nella venerazione: «Mio padre è un ex alpino,
quando avevo dieci anni mi ha regalato il suo
primo cappello. Lo conservo come una reliquia».
Lo spolvera. A volte lo accarezza. Studia da
veterinaria a Parma. Lo stage della mini-naia lo
vive come un passaggio: «Voglio arruolarmi,
serve forza di volontà. Non mi manca». Nella
caserma veronese i 145 ragazzi, tra i 18 e i 22
anni, sono stati ricevuti: visite mediche,
consegna di mimetiche, zaini, scarponi. Da ieri
pomeriggio sono in montagna, nella caserma
«Cantore» di San Candido (Bolzano). «Saranno
buoni testimonial del nostro mondo e dei nostri
valori - spiega il generale di corpo d' armata
Armando Novelli, comandante delle Forze
operative terrestri dell' esercito - La "crisi
delle vocazioni"? Non esiste. Semmai il nostro
problema è di non poter accettare tutti i
ragazzi che fanno domanda». Intorno al generale,
qualcuno scatta già sull' attenti. Altri
ragazzi, intimoriti, provando per la prima volta
il cappello con la penna se lo calano all'
indietro con posa da rapper (subito corretti).
Alla domanda "come vanno gli scarponi?",
rispondono secchi: «Perfetti, molto comodi». Se
i ragazzi raccontano di essere attratti da
addestramento, disciplina, voglia di mettersi
alla prova, le giovani elencano passioni più
viscerali: «Mio nonno è un reduce di Russia -
racconta Ileana Bersini, 22 anni - mio zio e i
miei cugini sono alpini, sono cresciuta in
questa tradizione». Dopo aver finito la scuola
superiore, ha iniziato a lavorare. È un'
impiegata. E precisa con una punta d' orgoglio:
«Un lavoro ce l' ho e mi va bene. Io voglio
arruolarmi per passione».